UNA ESPERIENZA DI PSICOMETRIA

 

 

  Premesse generali

La “psicometria”, nell’ambito della parapsicologia, fa principalmente riferimento alla specifica ipotesi di lavoro (*) che gli oggetti possano in qualche maniera “impregnarsi”, avere in sé persistenti “tracce” di talune molto misteriose “irradiazioni”, “emanazioni”, “vibrazioni”, connesse ad esperienze passate sia loro che del loro proprietario. Se sono esperienze vitali ed emotive del loro proprietario, in questa prospettiva l’oggetto (che può essere ad esempio un gioiello, un frammento di abito, etc.), deve necessariamente sempre essere presente a tali precedenti esperienze. Un soggetto “sensitivo” (in condizioni psicofisiche di veglia, apparente veglia, stati “modificati di coscienza” di varia intensità e profondità, in tale ambito di esperienza e indagine e “dotato” in tale direzione, sarebbe teoricamente capace di fare un percorso cosiddetto “inverso” e di “ricostruire” mentalmente, attraverso l’oggetto (che può anche essere avvolto in carta o chiuso in una scatola), i fatti significativi che l’hanno appunto “impregnato”.

In alcune occasioni, i soggetti “sensitivi” possono anche parlare “in prima persona”, con un processo di “immedesimazione” totale nell’individuo proprietario oppure nell’oggetto, come “fondendosi” psicologicamente con essi; una manifestazione di cui comunque Ernesto Bozzano ha fortemente enfatizzato le modalità puramente simboliche.

Pionieri di tale specifico settore di ricerca sono stati il geologo americano William Denton, in quale dal 1853 condusse importanti esperienze di “psicometria” seguitando, in tale direzione, l’opera del neurologo americano Joseph Rodes Buchanan, colui che già alla fine degli anni Quaranta del XIX° secolo aveva dato notizia dei suoi esperimenti nel Journal of man (Vol. I, n. 3, Boston 1849) e che propose il termine pensando principalmente al suo senso etimologico, vale a dire “misura delle facoltà trascendentali dell’anima”.

Per semplice e necessario inciso, si ricorda subito assai utilmente:

1)      Che anche nel contesto delle discipline psicologiche si è utilizzato molto tale specifico termine “psicometria”, il quale tuttavia possiede in esse altro significato e indica fondamentalmente la misurazione dei fenomeni psichici per mezzo dell’impiego di appositi tests mentali.

2) Che in ambito parapsicologico si utilizza anche il termine “psicoscopia”.

3) Che gli oggetti possono essere impiegati nel contesto della ricerca parapsicologica anche in altra diversa direzione.

Ovvero, un dato oggetto appartenuto a una data persona può eventualmente consentire, sempre a un soggetto “sensitivo”, anche di “rilevare”, cogliere fatti ai quali l’oggetto specifico non è stato affatto presente e quindi si suppone secondo la prospettiva in questione sopra accennata che non abbia affatto “impresse” determinate “tracce”, ovvero, ancora, non era neppure necessario che il suo proprietario lo portasse con sé allorché a un certo punto pensava, si comportava e aveva certe esperienze ed emozioni; al limite, teoricamente, l’oggetto può consentire anche di cogliere per vie paranormali avvenimenti che avranno luogo in futuro. Ma, in tal caso, in parapsicologia si pone una necessaria differenziazione circa la fenomenologia in gioco, che si distingue dalla menzionata “psicometria”, che è sempre a carattere retrocognitivo e riguarda esclusivamente il passato.

Nel caso di oggetto non presente ai fatti si può allora parlare diversamente di cosiddetta “chiaroveggenza tattile”, con l’oggetto che ha pertanto le funzioni particolari di cosiddetto “appoggio“ nel senso attribuitogli da Eugène Osty (che peraltro ha notato in quest’altra prospettiva che una volta innescato il processo di “conoscenza paranormale” nel sensitivo l’oggetto può essere anche scansato o addirittura distrutto senza che ciò interrompa il flusso delle presunte “comunicazioni” paranormali). Ovvero, in tale prospettiva di pensiero, l’oggetto è unicamente utile a scatenare – tramite la concentrazione focalizzata su di esso – una condizione “modificata di coscienza”, una condizione di trance più o meno profonda e quindi favorevole al manifestarsi di genuine estrinsecazioni paranormali.

 

 

  Un nostro esperimento psicometrico

  Una particolare prova è stata da noi effettuata nel 2006 a Roma.

Premettiamo che nell’ultimo periodo di nostra ricerca parapsicologica, un interesse principale è quello per un possibile “fondo” di sensitività, ipoteticamente diffuso in grado minimo e variabile in tutta la popolazione generale, che può tuttavia estrinsecarsi occasionalmente in un dato momento sempre con il concorso di più condizioni causali favorevoli: disposizione personale fisica e psicologica, varie variabili ambientali, rapporto ottimale con lo/gli sperimentatore/i, etc., tutte in correlazione di interdipendenza tra loro.

Ai soggetti dei nostri esperimenti, in genere, vengono solamente dapprima fornite alcune indicazioni molto generali ma chiare sulla tipologia della prova in questione, senza altre pur minime indicazioni di sorta.

È lasciata loro piena libertà di “interagire” nel modo che essi credono migliore e più consono con l’oggetto che essi vedono per la prima volta, guardarlo o toccarlo, stringerlo nella mano, etc., invitandoli a scrivere pertanto su un foglio tutte le loro possibili ed eventuali “impressioni”, senza alcun intervento di censure psichiche, ossia di lasciare affiorare man mano del tutto spontaneamente alla propria coscienza individuale qualsiasi pensiero, immagine, impressione, sensazione, emozione. 

In tale prospettiva e tipologia particolare di esperienza, potrebbe/dovrebbe riaffiorare nella prova quel passato ben verificabile.

In quell’occasione del 2006, accompagnata da sua figlia testimone della prova, era disponibile la signora M. A. F., che non era giudicata e lei personalmente non si giudicava affatto una sensitiva. Sperimentatori presenti:

Dr. Giulio Caratelli e D.ssa Maria Luisa Felici.

 

 

  Metodo

Occorre premettere ulteriormente che per quanto riguarda la “psicometria” parapsicologica e per una rigorosa valutazione “qualitativa” dei risultati conseguiti, sussiste sempre la necessità di conoscere adeguatamente la storia passata dell’oggetto. Cogliendo a tal proposito delle interessanti indicazioni di Piero Cassoli ed Enrico Marabini, che oltre mezzo secolo fa hanno appunto posto all’attenzione la questione certamente non secondaria di padroneggiare nel miglior modo possibile la storia passata dell’oggetto, ovviamente al fine primario di rendere più rigorosa e scientifica la valutazione finale dell’esperimento, non abbiamo utilizzato nell’occasione uno degli eterogenei oggetti a nostra disposizione del quale padroneggiavamo abbastanza la storia passata, ma un oggetto da reputarsi sufficientemente semplice, del quale si conosceva abbastanza circa la sua provenienza, da uno di noi (G. C.) tuttavia sottoposto per lungo tempo a un specifico e costante “stimolo”. Questo allo scopo di fornirgli e attribuirgli una significativa “storia” artificiale (una sorta di curriculum vitae) la quale, si reputa, fosse stata successivamente ben controllabile e verificabile.

Pertanto una normale diapositiva, con la pellicola senza alcuna immagine, quindi del tutto scura, tolta circa quattro anni prima da un gruppo di diapositive regolarmente ritirate dopo la fase di sviluppo fotografico, è stata da G. C. presto collocata nel 2003 nel frigorifero, in un piccolo settore interno dello sportello. La “storia” da considerarsi altamente “significativa” di quella anonima diapositiva, ovvero la possibile e sempre teorica “impregnazione”, sarebbe unicamente consistita nell’incessante e peculiare esperienza di freddo.

Il progetto di lavoro quindi era fondamentalmente questo.

Se, successivamente, vi fosse stata l’opportunità di effettuare un esperimento di “psicometria” e immediatamente il soggetto coinvolto nella prova, magari senza neppure osservare la diapositiva o toccarla (si utilizza in tali procedure sperimentali anche l’avvolgimento dell’oggetto in carta), avesse detto senza alcuna sorta di esitazione che avvertiva una specifica sensazione “quasi fisica”, quasi reale, oppure idea o immagine associata, magari con mimica pertinente, di molto freddo, allora avrei potuto ipotizzare sempre con tutte le indispensabili cautele una prova abbastanza positiva.

Fermo comunque restando che quel primo risultato conseguito sarebbe stato solamente un primo indizio abbastanza probante, un semplice ma efficace spunto per l’esecuzione di ulteriori prove e approfondimenti con il medesimo soggetto, magari con la presenza di vari supervisori e l’attenzione per la possibilità che il soggetto avesse potuto estrinsecare da sole o in concomitanza possibili altre idee/impressioni comunque da giudicarsi quanto alla loro possibile significativa rilevanza, da me poste soggettivamente in una scala di importanza decrescente, connesse a:

 

a)     immagine di una montagna/ghiacciaio, luogo in genere freddo, luogo geografico freddo;

b)     prodotti alimentari di qualsiasi genere;

c)     bibite e bottiglie;

d)     contenitori, involucri per cibi;

e)     un grosso contenitore, pertinente strettamente all’oggetto, a forma di parallelepipedo, che assomiglia più o meno a un frigorifero;

e1)    elementi connessi a una sua frequente “apertura”-“chiusura”;

e2)    un certo “ronzio” caratterizzante le continue fasi di ricarica dell’elettrodomestico;

f)            cucina.

 

Discutibili, invece, da considerarsi tutte le possibili “impressioni”, eventualmente riferite dal soggetto, connesse a foto, macchina fotografica, fasi di sviluppo di pellicola, ovviamente perché inferibili dalla pura e semplice osservazione dell’oggetto.

Da ricordare, ancora, che nell’ambito di quel che si può rilevare dalla pertinente letteratura, la particolare prova di “psicometria” sembra necessitare di un soggetto molto dotato e assai predisposto per essa, in grado di “interagire” immediatamente con l’oggetto e di profferire frasi da registrare subito. La signora cortesemente e pienamente disponibile per l’esperimento romano in quel momento, come già detto, non sembrava affatto poter essere collocata in tale categoria.

Comunque abbiamo pensato che fosse stato meglio provare che non provare e non fare nulla. E per “incoraggiare” e facilitare in qualche modo quel soggetto certamente del tutto disponibile con gli sperimentatori per la ricerca e altri soggetti eventualmente futuri, per eventuali prove psicometriche sia con l’ausilio di oggetti con storia “artificiale” che con storia “reale”, è stato utilizzato nell’occasione un piccolo e assai semplice questionario, indicando alla persona la possibilità di rispondere del tutto liberamente alle relative domande solamente quando essa avesse ritenuto opportuno, durante il corso della prova oppure dopo l’effettuazione di essa.

Il questionario in questione era basato su un primo settore nel quale erano illustrati sommariamente gli elementi essenziali della prova psicometrica, quindi un primo item concernente le eventuali prime “impressioni” personali riguardanti l’ambiente e/o il luogo geografico dell’oggetto.

Un secondo item era relativo a un eventuale proprietario dell’oggetto in questione e, in caso di risposta affermativa, se fosse stato di sesso maschile o femminile e una scelta di cinque intervalli di età, nonché una eventuale descrizione dei suoi connotati fisici. Ancora, se l’oggetto, o il suo proprietario, si associassero a situazioni ed emozioni positive, oppure negative, oppure neutre.

Il terzo item, se venivano avvertiti eventi specifici relativi all’oggetto, alla sua storia oppure al proprietario.

Il quarto item del questionario richiedeva solamente la descrizione delle eventuali impressioni complementari.

Ritorniamo alla prova.

La diapositiva è stata da G. C. tolta dal frigorifero circa 24 ore prima dell’esperimento (ricordiamo che per circa tre anni e mezzo, eccetto circa quindici-venti giorni l’anno in cui l’abitazione è rimasta chiusa ed è stata momentaneamente sospesa in essa l’energia elettrica, la diapositiva è rimasta costantemente “immersa” in una situazione di “esperienza” di grande freddo) e quindi è stata collocata in una normale busta per lettere.

 

 

  Fasi della prova

  Il giorno seguente, con la signora F., ha avuto luogo l’esperienza.

Dopo una preliminare fase informale e amichevole, molto rilassante, nel quale si è avuto uno tranquillo scambio di opinioni su vari argomenti, è iniziata la prova.

La signora F. allora ha preso la busta (non sigillata con la colla) che conteneva la diapositiva e con una condotta in effetti molto decisa e convinta, diremmo “professionale”, immediatamente l’ha stretta fortemente tra le due mani, togliendo successivamente la diapositiva dalla busta e tenendola ancora fortemente tra le proprie mani. Indubbiamente si mostrava molto concentrata su quel che stava facendo, probabilmente si trovava immersa in una sorta di lieve modificazione dello stato di coscienza; noi tre altri presenti ci siamo logicamente astenuti da qualsiasi possibile interferenza e siamo rimasti sostanzialmente e costantemente in silenzio.

Dopo circa cinque minuti, ha deciso di prendere il foglio del questionario e quindi ha iniziato a scrivere.

 

 

  Risultati

  Dopo qualche minuto ci è stato consegnato il questionario, nel quale è stato scritto, nell’ambito dell’iniziale primo item: “Sensazione di freddo (come in alta montagna) e fatica nel respiro”.

Nel secondo item è stato barrato il quadratino relativo al non avere l’oggetto un proprietario.

Nel terzo la frase: “Situazione non negativa ma di rimpianto per qualcosa che non c’è più”.

Si può subito notare, se ci atteniamo alla sola “impressione” iniziale del primo item, che tale frase corrisponde oltremodo con il punto a), il più significativo della nostra scaletta decrescente relativa alle possibili “impressioni” pregnanti da parte del soggetto.

Quindi:

Nostra scaletta punto a):

immagine di una montagna/ghiacciaio, luogo in genere freddo, luogo geografico freddo.

Risposta del soggetto a item n. 1:

 sensazione di freddo (come in alta montagna) e fatica nel respiro”.

Ovviamente, è stata presa e aperta una busta chiusa e sigillata, contenuta in un cassetto del mio tavolo, preparata il giorno precedente e recante nel foglio all’interno la data del giorno in questione, la descrizione generale dell’oggetto, la sua storia (ovvero la diapositiva essere racchiusa costantemente in frigorifero, nel mio più totale disinteresse e dimenticanza quotidiana, quasi non ne fossi il proprietario), la menzionata scaletta decrescente delle possibile risposte più meno positive, affinché tutti i presenti potessero esaminare senza difficoltà i riscontri ottenuti dalla prova.

 

 

  Conclusioni

  Il soggetto sperimentale certamente avrebbe potuto fornire (anche a caso) una vera infinità di possibili risposte, ma ha subito “avvertito” pressoché istintivamente al contatto con l’oggetto una chiara sensazione generale di grande freddo, che poi ha testimoniato sul foglio/questionario.

A nostro parere, con tutte le indispensabili cautele, tale singola prova preliminare e orientativa potrebbe rivestire dei connotati di significatività in senso psicometrico.

In alternativa:

a)  Un semplice e puro caso?

b)  La signora che si è prestata per l’esperimento, forse ha “tratto” per vie insolite dalla nostra mente la risposta più utile ed esatta? Ovvero, esiste sempre in genere la possibilità teorica che non possa trattarsi di un fenomeno di “psicometria” ma di telepatia, vale a dire la possibile “captazione mentale” di informazioni dalla mente dello/degli sperimentatore/i, i quali sono necessariamente al corrente della storia dell’oggetto per gli ovvii motivi di immediata e rigorosa verificabilità.

 

 

  Bibliografia essenziale

Buchanan, J. R. (1885). Manual of Psychometry: the Dawn of a New Civilization. The New Philosophy and Religion. Boston: Holman Brothers.

Bozzano, E. (1921). Gli enigmi della psicometria. Roma: Casa Editrice Luce e Ombra.

Cassoli, P. e Marabini, E. (1956). Esperienze di psicometria con la sensitiva Luisa Godicini. In: Società Italiana di Parapsicologia. Studia Parapsychologica. Atti e Memorie della Società. Nuova Serie – Vol. I. Roma, Presso la Società, 115-128 (si veda, sulla “storia artificiale” dell’oggetto, p. 127).

Caratelli, G. (2007). Una esperienza presumibilmente positiva al C.I.R.P. Il Mondo del Paranormale, N. 1 , 31-37.

De Boni, G. (1993). L’uomo alla conquista dell’anima, Modena, Edizioni Artestampa, 310 e 319.

Denton, W. and Denton, E. (1863). Nature’s Secrets or Psychometric Researches. London: Houlston and Wright.

Denton, W. (1980). I segreti della natura. Milano: SIAD Edizioni.

Dèttore, U. (1978). Voce: Psicoscopia. In: L’uomo e l’ignoto. Enciclopedia di parapsicologia e dell’insolito, Vol. IV. Milano: Armenia Editore, 1005-1009.

Felici, M. L. (2011). Note generali sul ruolo degli oggetti: la psicometria parapsicologica. Il Mondo del Paranormale, N. 1, 22-24.

Istomin, I. (1979). Quel certo senso che tutti abbiamo, Firenze: Corrado Tedeschi Editore [Si tratta, in questo contributo italiano risalente a 35 anni fa e comunque da ritenersi sempre attuale nei contenuti essenziali sul tema, di un accurato esame della storia e delle svariate sfumature del fenomeno psicometrico indagato dalla parapsicologia e della rilevanza delle ipotesi alternative che si contrappongono].

Osty, E. (1913). Lucidité et Intuition: Étude expérimentale. Paris: Librairie Félix Alcan, 142-165.

Osty, E. (1925). La connaissance supra-normale: Étude expérimentale, 2nd ed. Paris: Librairie Félix Alcan, 207-214.

 

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